Siamo a Roma, fine anni settanta. Due medici si conoscono alle rispettive lauree. Dopo anni di fallimenti lavorativi si incontrano nuovamente e decidono di aprire Villa Samantha, una clinica di lusso per dimagrire, un posto dove si paga solo a risultato ottenuto. Il percorso di remise en forme è basato sul digiuno totale con l’assunzione di una pappa dimagrante dalla composizione segretissima e su allenamenti sfibranti. Ben presto a Villa Samantha la situazione precipita… In una scena del film i due medici si ritrovano in cucina per prepararsi una pasta all’arrabbiata, ignari del fatto che il profumo del soffritto raggiungerà presto le stanze degli ospiti. I pazienti insorgono e i due medici furbacchioni litigano, segnando il fallimento della clinica. Ma dalle ceneri risorge una trattoria che viene presa letteralmente d’assalto dagli ex pazienti, ovviamente affamatissimi.
Di origine laziale, il sugo all’arrabbiata viene associato a un oste romano che l’avrebbe servito per la prima volta agli inizi del Novecento come alternativa all’amatriciana senza il guanciale e con l’aggiunta del peperoncino. Come già accade per molti primi piatti, come la carbonara, trovare una spiegazione univoca per il nome della pasta all’arrabbiata è praticamente impossibile. Una delle teorie più accreditate fa risalire il suo nome alla presenza all’interno di abbondante peperoncino capace di rendere paonazzi i volti di chi la mangia facendoli sembrare, appunto, arrabbiati… Come lo erano i pazienti della clinica!
Già da questo breve excursus sulle origini del piatto, abbiamo individuato il suo tratto distintivo, ovvero la sua piccantezza, determinata dall’utilizzo del peperoncino e dell’aglio. A ciò si aggiunge la tendenza acida dei pomodori, la nota aromatica del prezzemolo e la lieve tendenza dolce della pasta. Sulla base di tali caratteristiche, i vini che possono accompagnare la pasta all’arrabbiata devono presentare una serie di proprietà indispensabili: in primis ottima morbidezza e rotondità, la caratteristica più importante, in grado di mitigare la piccantezza del piatto; media alcolicità, per bilanciare la tendenza acida del pomodoro; ottima persistenza gusto olfattiva per pareggiare e non farsi sovrastare dall’aromaticità spiccata della preparazione; e, infine, se possibile, una certa gradevolezze e freschezza nel sorso per smorzare la leggera tendenza dolce della pasta. Un vino che corrisponde a questa descrizione è il “Caprice Rosso” di “Capri Moolight”: rosso rubino intenso, presenta profumi fruttati, con note di erbe aromatiche e lievemente speziate, mentre in bocca è pieno e morbido, con un finale lungo, intenso e persistente che richiama le sensazioni percepite all’olfatto. Ottima la struttura e l’alcolicità, risulta molto pulito e piacevole… Un perfetto compagno per la pasta all’arrabbiata e per ogni primo piatto saporito e importante.
Foto e ricetta di Grazia Guarino
Testo e abbinamento di Maria Consiglia Izzo